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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2012 alle ore 19:15.

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Italia leader europeo per prodotti alimentari di qualità. Il primato dell'alimentare made in Italy è stato certificato oggi dall'Istat che, con il proprio volume sui "Prodotti agroalimentari di qualità Dop, Igp e Stg" ha ricordato come il paniere italiano a marchio Ue nel 2011 ha raggiunto i 239 riconoscimenti, ben 20 in più rispetto all'anno precedente. Fra i singoli settori merceologici quello che vanta il maggior numero di Dop e Igp è quello dei prodotti ortofrutticoli e dei cereali (con 94 riconoscimenti) seguito dai formaggi (43), dall'olio extravergine d'oliva (che vanta 42 riconoscimenti) e dai salumi (36).

Coinvolti oltre 84mila produttori agricoli
Gli operatori che sono coinvolti nel processo di certificazione alla base del circuito della qualità sono 84.148 (-0,5% rispetto al 2010). Fra questi il 91,9% sono produttori in senso stretto e il 5,9% trasformatori, mentre il 2,2% è impegnato su entrambe le attività. I produttori (-0,4% rispetto al 2010) sono più numerosi nei settori dei formaggi (31.116), dell'olio d'oliva (20.278) e degli ortofrutticoli e cereali (16.621).

Catania: primato che conferma le potenzialità dell'alimentare
«I dati diffusi oggi dall'Istat – ha commentato il ministro per le Politiche agricole. Mario Catania – ci rammentano ancora una volta lo straordinario valore delle eccellenze dell'agroalimentare italiano. Il mantenimento del primo posto in Europa per numero di prodotti di qualità registrati, fra Dop, Igp e Stg, ci rende pieni di orgoglio e offre l'occasione per riflettere sulle opportunità che il settore primario può offrire all'intero sistema produttivo italiano. Essere il Paese con il maggior numero di riconoscimenti vuol dire riuscire a far emergere, in ogni località, i prodotti migliori, dimostrando il forte radicamento del produttore sul territorio».

Il traino viene dal Nord, ma cresce anche il Mezzogiorno
Secondo i dati dell'Istituto di statistica le regioni del Nord mantengono la storica leadership nelle denominazini di qualità, tuttavia si conferma anche il progressivo rafforzamento dei riconoscimenti nel Mezzogiorno. «Sono segnali di crescita incoraggianti – ha aggiunto Catania – che testimoniano come il tessuto agroalimentare possa davvero rivestire un ruolo centrale nel rilancio di alcune zone storicamente svantaggiate. Bisogna continuare su questa strada, tutelando le produzioni e il lavoro degli agricoltori e proseguendo con efficaci interventi di contrasto alle contraffazioni agroalimentari e tenendo alta la guardia sul fenomeno dell'"italian sounding"».

La spina nel fianco delle contraffazioni
A puntare il dito contro la piaga delle contraffazioni è anche la Coldiretti che ha ricordato come la proliferazione dei prodotti alimentari taroccati frena la diffusione del made in Italy nel mondo. «Il rischio reale – ha detto la Coldiretti – è che si radichi sulle tavole internazionali un falso made in Italy che toglie spazio di mercato a quello autentico banalizzando le specialità nostrane frutto di tecniche, tradizioni e territori unici e inimitabili». Confagricoltura dal canto suo ha ricordato come tra le norme del "Pacchetto qualità" recentemente approvato a Bruxelles ci sono strumenti che possono dare un contributo nella lotta alle contraffazioni. «È il caso ad esempio – si legge in una nota di Confagri – del richiamo alla protezione obbligatoria che gli Stati membri devono dare ex officio alle denominazioni d'origine anche se prodotte in un Paese diverso».

Molti i marchi minori da sviluppare
Il primato delle denominazioni è senz'altro un importante risultato che tuttavia bisogna continuare a valorizzare e promuovere sui mercati. Ne è convinta la Confederazione italiana agricoltori (Cia) che ha ricordato come il business dei prodotti Dop e Igp «supera oggi i 9 miliardi di euro l'anno, 2 dei quali legati all'export. Ma si può fare di più, visto che quasi l'80% del fatturato del comparto è legato a poche "griffe": Parmigiano reggiano, Grana padano, Prosciutto di Parma, Prosciutto di San Daniele. Per questo bisogna sviluppare le tante certificazioni meno conosciute ma suscettibili di forte crescita organizzando le filiere e rafforzando la possibilità dei consorzi di programmare la produzione».

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